Quanto è importante la narrazione nella vita quotidiana?
Nella visione comune, il racconto è un modo di interpretare la realtà, piuttosto che uno stampo nel quale il mondo si va a incasellare.
Eppure, in questi mesi più che mai l’atto di narrare è stato il canale privilegiato per restituire forma alle cose, alla quotidianità, dando un senso alle emozioni contrastanti provate nell’avanzare della pandemia. Ci siamo raccontati per messaggio, abbiamo dato sfogo alla voglia di interagire in videochiamata, in tanti hanno scoperto degli alleati inattesi nei vari social network.
Di storie ha parlato anche Papa Francesco, nella Giornata delle Comunicazioni sociali, focalizzando l’attenzione sull’andare a “raccontare il bene”.
Facendo qualche passo indietro, verso altre epoche, possiamo riscoprire la visione di Aristotele, che ha un sentore molto attuale. Nella sua poetica, la parte più potente di una trama raccontata è "Peripateia", peripezia, ovvero un cambiamento opposto all'azione, allo stato di cose, una partecipazione attiva alla scoperta della realtà.
Questa visione del Racconto è quanto mai valida oggi: il sopraggiungere di un evento travolgente come quello vissuto dalla comunità globale dall’inizio del 2020 è una peripezia tale da stimolare la creazione narrativa.
Siamo andati a immaginare noi stessi in tanti mondi possibili, chiedendoci magari che cosa sarebbe successo, se questo Virus non fosse arrivato. Quale storia avremmo letto nel nostro vissuto quotidiano? Quali capitoli avremmo sfogliato? Quali invece sarebbero andati dimenticati, chiudendosi?
Le nuove esperienze fatte, pur tra le quattro mura domestiche, ci hanno dato anche delle opportunità narrative, alcune delle quali abbiamo potuto cogliere, mentre altre sono andate perse.
Nella vita personale come nell’ambito della scuola, alla voglia di condividere le proprio emozioni e dare una struttura al nostro racconto, si è contrapposta una fatica iniziale a prestare ascolto. La tecnologia è stato sia mezzo essenziale di connessione, sia un ostacolo, uno schermo che ha fatto da scudo per la nostra attenzione verso chi sta dall’altra parte, in barba alle strategie narrative.
Nel momento in cui lo schermo decade, tuttavia, iniziamo a riscoprire uno spazio per il racconto dell’altro, un ascolto ancora più attento, per capire il possibile completamento della nostra storia quotidiana, che non può essere monologo.
Emergono così tante sfaccettature emozionali, da spingerci a chiedere, a porre domande davvero disinteressate, per arricchire di elementi il nostro racconto quotidiano e capire di più su una realtà che percepiamo come cambiata. Il bisogno antropologico di raccontare ed emozionarci crea un legame con chi ci circonda, un filo rosso fatto di parole ed espressioni.
L’incontro a distanza e il linguaggio delle nostre storie sono quindi i pilastri di un ponte, un’autostrada per riuscire a interpretare meglio la realtà presente, comprendere quella passata e costruire il bene per ciò che deve ancora arrivare.
Come conclude Jerome Bruner nella sua “Fabbrica di Storie”, “La narrativa dà forma alle cose del mondo reale, conferendo loro un titolo di realtà”. Il racconto delle emozioni cambia con i mutamenti della società e, al contempo, riesce a validare la nostra esperienza umana, rimodellando il quotidiano con il potere delle storie.
La riscoperta della narrazione e i meccanismi dell’immaginazione sono il motore che spinge anche il mondo della scuola, insieme a quello delle famiglie e dell’infanzia. Da questo principio, nasce una proposta, una sorpresa per riuscire a concludere con più serenità quest’anno scolastico tanto anomalo.
Nell’ultima settimana di scuola, è in arrivo una piccola, grande sorpresa agli alunni della scuola primaria e secondaria di primo grado, che con il racconto ha molto a che vedere.
Di cosa si tratterà? Lo scopriremo molto presto.
«Solo quando sospettiamo di trovarci di fronte alla storia sbagliata cominciamo a chiederci in che modo un racconto strutturi (o distorca) la nostra visione del reale stato di cose.
E alla fine cominciamo a chiederci in che modo il racconto stesso modelli eo ipso la nostra esperienza del mondo.»
[Jerome Bruner, "La Fabbrica delle Storie - Diritto, letteratura, vita" - GLF Editori Laterza]